I costi in calo spingono le rinnovabili verso il 34% dell'elettricità mondiale al 2030

Il costo dell'elettricità da fonti rinnovabili negli ultimi anni è calato: l'eolico in diverse situazioni è già più economico rispetto alla fossili meno costose e il fotovoltaico in certi mercati conviene già ora rispetto all'acquisto di elettricità dalla rete. Un tendenza che si consoliderà nei prossimi anni: entro il 2030 la quota delle fonti pulite sulla produzione elettrica mondiale arriverà al 34%, con exploit come quello del fotovoltaico che, contando solo le grandi installazioni, passerà dal 2% del 2012 al 16% della potenza installata al 2030.


È quanto previsto nel report “World Energy Perspective: Cost of Energy Technologies”, recentemente presentato da World Energy Council e Bloomberg New Energy Finance (allegato in basso). Un documento che mostra lo stato dell'arte sui costi delle varie tecnologie e sul loro trend. Un processo che sta rivoluzionando il mondo dell'energia.

Il carbone, la fonte più economica, al momento resta anche la più importante: 35,6% sulla quota mondiale per potenza e il 46% per quanto concerne la produzione. Le fossili a fine 2011 pesavano ancora per il 58% della potenza e per il 64% della produzione elettrica mondiale. Ma le cose stanno cambiando: dopo essersi moltiplicati per 7 dal 2004 al 2011, gli investimenti in potenza elettrica da rinnovabili, per il secondo anno di seguito, nel 2012 hanno superato quelli in centrali alimentate con fonti fossili, 228 miliardi di dollari contro 148.
Ci si aspetta che la quota dell'eolico sulla potenza mondiale passi dal 5% del 2012 al 17% nel 2030; che il grande FV salga dal 2 al 16%, mentre la potenza da fossili (pur crescendo in termini assoluti) dovrebbe scendere al 40-45% del totale. Queste due fonti relativamente giovani e minoritarie da sole costituiranno dunque un terzo del parco elettrico mondiale, mentre le rinnovabili nel loro complesso produrranno il 34% dell'elettricità mondiale.

Per ogni tecnologia della generazione elettrica nel report si mostrano, aggiornati a metà 2013, sia il costo capitale, che i costi operativi, che il fattore di capacità, ma il valore più significativo è l'LCOE (levelized cost of electricity), la voce che più di tutte serve a capire quanto conveniente sia un modo di produrre elettricità. Essa riassume tutti i parametri compresi, oltre agli indicatori citati, vita utile dell'impianto, flussi di cassa e altri aspetti economici e fiscali. Come si vede dal grafico sotto (si ingrandisce cliccando), lo spettro degli LCOE è vastissimo: se eolico e idroelettrico sono tra le rinnovabili più economiche, risultando spesso più convenienti delle fossili, le tecnologie più giovani, come quelle che consentono di sfruttare, l'energia dalle mare e costano ancora troppo.

In alcuni settori, come nelle biomasse, conta poi molto la provenienza del combustibile: l'LCOE più competitivo, ad esempio, è quello del biogas da discarica che scende fino a 32 $/MWh (in Cina) e sugli altri mercati si attesta comunque sui 45 (vedi tabella).


Ovviamente sull'LCOE delle varie tecnologie pesano molto gli aspetti locali. In mercati come Cina e India, l'LCOE nei siti con miglior ventosità scende fino a 47 $/MWh: assolutamente competitivo con le fonti convenzionali più economiche. Un aspetto molto importante se si considera la crescente fame di energia di questi paesi.

Per quel che riguarda il fotovoltaico, tra i grafici più impressionanti (vedi sotto) c'è quello che mostra l'evoluzione dell' LCOE in questi ultimi anni:



In alcuni mercati, come la Cina, il costo del MWh fotovoltaico è già sceso sotto i 90 dollari. Il calo dell'LCOE del solare, prevede il report, non si fermerà. Si stima, come detto, una moltiplicazione per 8 entro il 2030 dello share del FV sulla potenza mondiale: un aumento significativo anche perché è riferito solo ai parchi FV superiori al MW di potenza, mentre sappiamo che in molti mercati, come il nostro, il fotovoltaico crescerà soprattutto con piccoli o medi impianti in grid parity su tetto.

Andando a vedere il campo del fossile, si nota che il carbone ha un LCOE tra i più bassi: in Cina arriva ai 35 $/MWh, soprattutto grazie a un costo del capitale bassissimo. Come non ci stanchiamo di ripetere, però, questa fonte resta economica solo perché gli enormi danni che causa ad ambiente e salute, scaricati sulla collettività, non sono inclusi nel conto. Se si tenta di farli pagare anche solo in parte, come si sta facendo in Europa con un prezzo sulla CO2 emessa, l'LCOE cambia. Anche per questo, spiega il report, non ci sarà un grande potenziale da sfruttare per il carbone nei paesi occidentali.

Altro grande handicap che hanno le fonti fossili è quello di essere legate alla volatilità dei prezzi del combustibile. Questi in proporzione pesano tantissimo nelle centrali a gas, portando a LCOE molto competitivi negli Usa inondati di shale-gas a basso prezzo; mentre in altri mercati, come il Giappone, dove il gas costa il quadruplo, i cicli combinati a gas hanno un LCOE medio di ben 148 $/MWh.

Anche in Europa, come sappiamo, il gas è tra le fonti più care da utilizzare nel termoelettrico: il carbone, nonostante le maggiori emissioni di gas serra (penalizzate dall'ETS), resta più economico: per compensare la differenza, si legge nel report, la CO2 dovrebbe costare almeno 40 euro a tonnellata, mentre ora siamo sotto ai 5.

E il nucleare? Qui, mostra lo studio, pesa tantissimo il costo capitale. Per i nuovi reattori che si stanno costruendo in Francia e Finlandia siamo sui 7 milioni di dollari a MW di potenza; altri progetti in Cina e Medio Oriente stanno costando 3,6 milioni a MW: a seconda del capex l'LCOE varia dai 147 ai 91 $/MWh.


Fonte: QualEnergia

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